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Le origini del salame lardellato fabrianese si perdono nella notte
dei tempi, ma la data del 22 aprile 1881 è un punto fermo che ne
testimonia la notorietà: in quella data Giuseppe Garibaldi
scrisse una lettera all'amico Benigno Bigonzetti per ringraziarlo
dei “tanto buoni salami ricevuti”, facendo riferimento a “salami
confezionati con carne suina interamente magra, tolto cioè grasso e
nervi, pesta sottilissimamente, aggiuntovi centoventi lardelli,
ventiquattro a forma di dadi, condita con sale e pepe nero”.
La lavorazione iniziale del pregiato salume consiste nel taglio del lardo (solo
quello della schiena, il migliore) in cubetti e nella preparazione
delle parti nobili del maiale (coscia e spalla) anch'esse tagliate e
poi tritate. L'impasto magro e i lardelli sono insaporiti con sale,
pepe macinato e in grani. Il tutto è poi stagionato nel budello
gentile, il più adatto alla sua stagionatura. Prodotto dalla fine di
settembre all'inizio di maggio, il salame deve stagionare almeno due
mesi in locali areati (le celle di stagionatura a temperatura
controllata ne snaturerebbero le qualità organolettiche), ma può
maturare anche cinque o sei mesi. Ricoperto di una muffa marrone
scuro, è duro e ruvido al tatto. La carne è compatta, di colore
rosso scuro, con i lardelli bianchi e la grana fine. E’ riconosciuto
come presidio Slow food delle Marche.
Per tutelarne la qualità, il Comune di Fabriano ha costituito il
Consorzio di produzione e tutela e definito un apposito
Disciplinare. In esso viene fissata la zona geografica di produzione
nei comuni di: Fabriano, Arcevia, Cerreto D’esi, Genga, Serra San
Quirico, Sassoferrato (AN), Matelica, Esanatoglia, Pioraco e
Fiuminata (MC), Serra Sant'Abbondio, Frontone e Pergola (PU), così come
tutte le caratteristiche iniziando dal maiale, il suo nutrimento, la
scelta delle carni, la lavorazione, la stagionatura e
l’etichettatura. In parole povere definisce tutte le fasi che vanno
dalla scelta del maiale autoctono marchigiano allevato a terra con
metodi tradizionali fino al tipo di lavorazione, ai controlli sulla
qualità e sulla tracciabilità.
Come già detto, la sua storia viene da lontano. Nel 1877 approda
all’interno della tradizione popolare fabrianese per opera di Oreste
Marcoaldi, autore di “Usanze e pregiudizi”, “I vocaboli più
genuini del vernacolo”, “Canti e proverbi del popolo Fabrianese”;
che in un suo dizionarietto, alla voce “salsiccione, salame”,
afferma che il salame è una specialità Fabrianese, come di Bologna è
la mortadella, di Modena lo zampone. Per il suo indiscutibile pregio
vanta numerosi tentativi di imitazione tanto che è diffusissimo il
salame “tipo Fabriano”. |
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